III DOMENICA DI QUARESIMA
Dal libro dell’Esodo 20,1-17
Dal Salmo 18
Dalla 1ª lettera di S. Paolo ai Corinti 1,21-25
Dal Vangelo secondo Giovanni 2,13-25
Nei brani della sacra scrittura proposti dalla liturgia di questa 3ª domenica di quaresima, campeggia un verbo: ricordare. Cosa possiamo, o meglio, dobbiamo ricordare se non sappiamo, non conosciamo, non abbiamo preso parte agli avvenimenti? Quale memoria dobbiamo esercitare?
In tutta la Bibbia risuona questa espressione: Shemà Israel, Ascolta Israele! Questo popolo, ha veramente molto da ricordare perché è stato oggetto di una tenera e costante attenzione da parte di Dio: è stato liberato dalla schiavitù più volte ed è stato condotto nella terra promessa con molti segni, miracoli e prodigi. Tutti gli avvenimenti vengono, ancora oggi, raccontati di padre in figlio in diverse occasioni; viene fatta memoria affinché continui, anche tra le nuove generazioni, il ringraziamento a Dio per l’amore e la fedeltà manifestati al popolo israelita.
Anche noi, quando partecipiamo alla messa “facciamo memoria” di tutto ciò che Dio ha fatto, della sua fedeltà, del suo amore per ogni uomo, del progetto di salvezza che si è compiuto in Gesù, morto e risorto. Dobbiamo confessare però che, talvolta, la nostra attenzione, il nostro “fare memoria” è costellato di vuoti, di dimenticanze, di distrazioni e di noia. Siamo incapaci di partecipare pienamente alla messa forse anche perché abbiamo una conoscenza carente dei contenuti della nostra fede, quasi come i bambini che non sono in grado di fare i compiti perché sono non stati presenti alle spiegazioni.
Noi, forse, siamo stati troppo spesso assenti e siamo rimasti indietro, come si usa dire, ma oggi, in questo cammino quaresimale, la liturgia ci dà l’opportunità di ricominciare. Proprio come a scuola, infatti, la prima lettura tratta dal libro dell’Esodo, ci presenta il programma nelle sue linee essenziali: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile…».
Se riconosciamo ed accettiamo questa liberazione, questa paternità, questa signoria, non avremo difficoltà ad accogliere tutti i suggerimenti che sono nel brano: i comandamenti. Oggi come non mai ci sono discussioni, critiche e relativi rifiuti riguardo l’osservanza di alcuni di essi, come se si potesse mercanteggiare, rilanciando l’offerta al ribasso!
Il salmo 18 dice: “I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi”. Se riuscissimo ad immaginare i comandamenti come una robusta staccionata, posta ai lati della strada per segnare il nostro cammino e per impedirci di cadere nel precipizio, forse gioiremmo di averli; è quasi come possedere un navigatore nell’auto mentre si viaggia, in una notte di nebbia, su strade dissestate e sconosciute. I comandamenti del Signore illuminano la vita e ci fanno sentire al sicuro.
Conoscendo la nostra fragilità sappiamo che dobbiamo rimanere sempre vigili nella certezza che Dio vuole il nostro bene e ci custodisce come la pupilla dei propri occhi.
Il brano tratto dal Vangelo di S. Giovanni ci racconta che “Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi…”
Sembra proprio una sfuriata ed è un gesto di per sé assai eloquente, ma l’attenzione va alle parole di Gesù: «Portate via di qui queste cose…”. Sì, liberiamoci dal desiderio di possesso smodato dei beni, dalla tentazione di illeciti guadagni, da ogni idolatria. Portiamo via da noi stessi ciò che ci impedisce di vivere liberi: il disordine dei sentimenti, le aggressività, le relazioni dubbie, le perdite di tempo. Diamo, nella nostra vita, il primo posto a Dio “perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso” come è scritto nell’Esodo. Abbandonando gli idoli libereremo non solo noi stessi, ma anche, in qualche misura, ciò che ci sta intorno. Siamo chiamati a rovesciare i banchi, a capovolgere alcuni comportamenti, a operare scelte radicali, a convertirci.
CB 15.03.09 MTM