1 agosto 2010
XVIII domenica del T.O. (anno C)
Dal libro del Qoelèt 1,2;2,21-23
Dal Salmo 89
Dalla lettera di S. Paolo ai Colossesi 3,1-5.9-11
Dal Vangelo secondo Luca 12,13-21
In questa domenica di piena estate contraddistinta dal traffico caotico, dall’ansia che prende un po’ tutti di staccare dalla monotonia del lavoro, dalla corsa al parcheggio, al posto al sole in spiagge super affollate, al locale più “in” per divertirsi, la liturgia della Parola sembra stridere più che mai.
La pubblicità, i giornali, la tv dicono che bisogna “avere” per apparire, per distinguersi, per essere, in buona sostanza, felici mentre le letture di oggi dicono ben altro.
Il brano tratto dal libro di Qoèlet risistema una scala di valori che spesso facciamo fatica a percorrere, soprattutto oggi: quella dell’impegno a fare tutto e bene, con la consapevolezza che non sono il successo, la ricchezza, la fama, il fine unico del nostro vivere.
La stessa saggezza è nel versetto del salmo 89: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”.
Imparare a dare valore al tempo che ci è dato significa diventare capaci di vivere con impegno ed equilibrio, liberi dalle noie che attanagliano molti giovani i quali risolvono il problema con droghe e alcool; significa essere aperti alle novità, capaci di mettersi in discussione, disposti al cambiamento.
Qual è la novità per noi cristiani? Rivestirsi dell’uomo nuovo “ che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato”, scoprire che Cristo è la “nostra vita”.
San Paolo nel brano della lettera ai Colossesi afferma con forza che in Gesù ogni barriera è abbattuta:“ non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti”.
Desiderare di immergersi in questo cambiamento, abbandonando l’uomo vecchio con la sua mentalità perversa, fatta di pregiudizi, di egoismi, piena di “impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria”, significa vivere nella libertà e nella gioia.
E’ un passo decisivo e necessario che richiede coraggio, ma che ci fa intravedere un modo radicalmente nuovo di vivere le relazioni con Dio, con il prossimo e con noi stessi.
Questo morire e risorgere è il cambiamento radicale che ognuno di noi deve chiedere al Signore; da soli non siamo in grado di farlo, ma possiamo desiderare e pregare di avere questa grazia. Tutto il resto, poi, ci sarà dato in sovrappiù.
Possiamo comprendere ora le parole di Gesù nel brano del vangelo di Luca in risposta ad un uomo della folla che gli chiedeva di risolvere un problema da notaio: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Non è il possesso delle cose, dunque, che ci fa persone degne di questo nome. Gesù propone altre ricchezze, un diverso accumulo di beni presso Dio.
San Francesco, che aveva ben compreso questa verità, sul finire della sua vita ripeteva spesso ai suoi frati: «Fratelli, affrettiamoci a fare il bene perché finora non abbiamo fatto niente!».
Non ci viene chiesto certamente di tenere un’agenda delle buone azioni quanto piuttosto di essere coerenti con ciò che ci insegna il Signore.
Superando tranquillamente il dilemma esposto in un famoso libro degli anni ’80 di Fromm “Essere o Avere” oggi sappiamo, con chiarezza, che noi cristiani dobbiamo “essere” e non “avere”. Questo non è essere spinti alla pezzenteria, anzi! Dobbiamo mettere tutto il nostro impegno nel partecipare al progresso e allo sviluppo della società, tenendo però costantemente gli occhi fissi nell’unico e perfetto modello: Gesù, nostro Signore. Solo così ogni cosa riprenderà il giusto valore e noi acquisteremo la sapienza della vita.
Signore, perdonaci. Spesso siamo caduti nelle trappole della cupidigia, del possesso esclusivo delle cose, forse anche delle persone, e si sono trasformate in idoli pieni di pretese. Ci siamo piegati ai modelli che il mondo propone e, in realtà, siamo diventati più poveri perché abbiamo perduto la capacità di ringraziarti per ciò che ci doni, abbiamo sciupato il tempo, ci siamo affannati per accumulare ricchezze sulla terra. Abbiamo dimenticato che il nostro tesoro deve essere in cielo, presso Dio. Signore risveglia in noi il desiderio di rinascere in te, di vivere una vita nuova, fatta di libertà e di impegno, di servizio e di disponibilità verso l’altro. Ricorda al nostro cuore che la vera vita non dipende da ciò che si possiede, ma dall’amore che saremo capaci di dare. Amen.
CB 01.08.2010 MTM