Una delle testimonianze di fede più forti di Medjugorje è quella di Immaculée Ilibagiza, una donna di etnia Tutsi sopravvissuta all’orrore del genocidio del Ruanda.
Originaria di Kibeho, il luogo dove a partire dal 1981 apparve la Madonna e profetizzò il genocidio che sarebbe avvenuto negli anni futuri, implorando il perdono reciproco e la conversione dei cuori. In una delle apparizioni, i bimbi a cui parlava ebbero una visione di un fiume di sangue in cui scorrevano cadaveri. Pochi anni dopo, fu ucciso 1 milione di persone in 3 mesi a causa dell’odio razziale.
Quel giorno suo fratello entrò in stanza e le disse che il Presidente era morto nella notte. Capirono che la loro tribú era in pericolo.
Il Governo aveva nel frattempo chiuso le frontiere e non c’era modo di fuggire dal paese.
Dalla radio si sente di intere famiglie uccise. Il padre dà ad Immaculée un Rosario e la implora di nascondersi. “Sentì in cuor mio che quella era l’ultima volta che lo vedevo vivo, e mi diede il Rosario come a dirmi: quando avrai bisogno di trovarmi, stringi questo”.
Si nascose da un vicino di casa, che pur appartenendo alla tribú opposta, era un uomo buono.
“Erano i nostri vicini di casa, le persone che mi avevano visto crescere, con i cui figli ero andata a scuola, e ora erano armati di machete e ci davano la caccia per ucciderci. Non potevo crederci”.
Il vicino di casa nascose Immaculée in un bagno minuscolo – 1 metro per 1 metro e mezzo. Quel bagno che già sembrava piccolissimo anche solo per lei, avrebbe accolto nelle ore successive altre sette donne a cui l’uomo diede asilo. Disse di non fiatare, di non fare nessun rumore. Portava loro qualcosa alla fine del giorno, ma erano solo i resti lasciati dai suoi figli, per non insospettire. Cosi per sette giorni. Affamate e stanchissime, le ragazze restarono sedute una sull’altra giorno e notte. La piú piccola aveva 7 anni.
Nel cuore di Immaculée cresce l’odio e il desiderio di vendetta.
Dalla radio che si accende di tanto in tanto in casa, ascolta che il nuovo Governo ha dato il permesso di uccidere chiunque della sua tribú. “Non dimenticate anche i bambini. Il figlio di un serpente è sempre un serpente”, ascolta dire. Promette a sé stessa, se mai sopravvivrà, che diventerà un soldato e bombarderà interi villaggi.
Un giorno, dopo aver dato il comando di andare casa per casa a cercare possibile gente nascosta, arrivano anche nella sua. Li vede dal finestrino del bagno. In centinaia, vestiti di foglie di banana, impugnano machete.
“L’unico pensiero che avevo era: è finita, sono venuti per ammazzarmi”.
Mentre cercando di rimanere in completo silenzio, le donne sentono i rumori dei soldati che mettono a soqquadro la casa, Immaculée ascolta nel suo cuore come due voci che le parlano. Una voce le dice: “Apri la porta, termina questo martirio, è troppo doloroso”; l’altra voce le dice: “Non aprire, cerca Dio per l’aiuto. Dio é onnipotente. Sai che cosa vuol dire onnipotente? Che può fare qualsiasi cosa, può fare l’impossibile”, e inizia a sperare contro ogni evidenza.
In quel momento, mette tutto in dubbio. La sua fede, che credeva di avere, vacilla, e si sente persa. Eppure, la voce gentile continua a dirle: “Chiedi un segno a Dio, e Lui te lo darà”.
Immaculée decide di crederci. “Se è vero che tu esisti, salvami. Se vuoi, fammi morire domani, ma fammi sopravvivere oggi, ascolta questa mia preghiera, così almeno se muoio domani, muoio sapendo che Tu ci sei”.
Perde coscienza. Il resto è buio. Cinque ore dopo, la porta si apre, ma è il proprietario della casa. Il pericolo è per ora lontano e rivela loro qualcosa che sembra impossibile: più di 300 soldati avevano circondato la casa. Avevano cercato ovunque: sotto i letti, negli armadi, addiruttura nelle valigie per controllare che non ci fossero bambini. Ma avvicinandosi alla porta del bagno, uno degli assassini aveva detto: “Tu sei un brav’uomo, non c’é nessuno qui”, decidendo inspiegabilmente di non aprire la porta di quello che sembrava il nascondiglio piú ovvio.
Il cuore di Immaculée viene trafitto di gioia e di un amore che percepisce come immeritato. “Dio mi aveva sentito, e mi aveva salvato. E proprio mentre io stavo desiderando la vendetta per centinaia di persone, e stavo provando odio”.
Ma la strada della conversione vera è ancora lunga.
“Avevo ancora tanta rabbia dentro. Quando pregavo il Rosario, mi dava pace. Ma appena finivo di dirlo, tornava l’inferno dentro di me. Il diavolo nella mia testa mi diceva – ti ammazzeranno, ti troveranno, useranno violenza. E se anche sopravvivrai, sarai uno zero, la tua vita non avrà mai senso – Pregavo fino a 27 rosari ogni giorno. Era il modo in cui mi nascondevo dal demonio. E poi il rosario della Divina Misericordia. Ma c’era ancora odio dentro, desideravo che tutti i componenti dell’altra tribú si perdessero all’inferno. Non riuscivo a perdonare. Dicevo il Padre Nostro ma non credevo nella parte del perdono. Quando arrivavo alla frase ‘Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori’, la saltavo. Chiedevo a Dio nel mio cuore la grazia. Volevo perdonare, ma non capivo come riuscirci!”.
Immaculée non smette di combattere. Sa che la grazia di cui ha bisogno può venire solo da Dio e continua a pregare il Rosario, ininterrottamente, tutti i giorni, piú volte al giorno.
Poi, in un momento, mentre medita i misteri dolorosi e contempla la frase di Gesù: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”, qualcosa le tocca il cuore come mai prima. In quel preciso istante, dopo mesi di calvario, riesce finalmente ad ascoltare la voce di Dio, e comprende che gli uomini che hanno ucciso la sua famiglia non capivano, in quel momento, cosa realmente stessero facendo. Sente anche che Dio la sta mettendo difronte a una scelta: “Vuoi continuare anche tu ad odiare ed aggiungere odio ad un mondo già cosi pieno di odio, o vuoi scegliere l’amore?”.
In quel momento capisce che come anche a noi, nei nostri pensieri, banalmente, capita di prendere consapevolezza di quello che abbiamo fatto anche molto tempo dopo, così può capitare anche nelle azioni piú gravi. La gente può cambiare, i cuori possono cambiare, tempo dopo, quando si prenda reale consapevolezza delle proprie azioni.
In quel bagno minuscolo Immaculée trascorre tre mesi. Guarda per la prima volta la luce del sole dopo 90 lunghissimi giorni di grande lotta. Una volta fuori, viene portata in un campo profughi di sopravvissuti. Lì cerca la sua famiglia e scopre che ognuno di loro è stato ucciso.
Comprende che la sua vita, miracolosamente risparmiata, è un dono, e decide di metterla al servizio degli altri.
Si trasferisce negli Stati Uniti e lì comincia una nuova vita.
Dopo quattro anni, va in Ruanda e decide di ritornare nel suo villaggio per andare in prigione a conoscere l’assassino della sua famiglia. “Quando l’ho visto, era in prigione, e viveva in condizioni terribili”.
“Vedi, loro non capivano quello che facevano. Prega per lui, non odiarlo”, sentivo Dio che mi diceva. Mi sono avvicinata e gli ho detto di averlo perdonato. Lui si vergognava, non riusciva a guardarmi in faccia. E piangeva. Capii che qualcosa nel suo cuore era cambiato, e piansi per lui”.
Dio ci mette davanti a una scelta, ogni giorno. Possiamo amare o possiamo non amare. Ma Gesú ci dice: “Se scegliete di amare, io sono con voi, nonostante tutto, e vi darò amore infinito, e pace nel cuore”.
“Qualsiasi cosa vi succeda, anche la piú terribile, ricordatevi, c’é sempre speranza con Dio. Il mondo ha bisogno di piú amore. Non di piú soldi, non di piú armi. Ma di un cuore nuovo. Dobbiamo cambiare i nostri cuori. Se io ho perdonato, tutti possiamo perdonare”.
Immaculée ha scritto un libro best-seller sul suo viaggio di fede e di perdono, e gira il mondo per dare testimonianza.
tratto da Aleteia.org