Ascolta il vangelo
La preghiera non è un nostro disperato tentativo di chiedere aiuto quando non ne possiamo più o quando non riusciamo ad affrontare o a vivere qualcosa della nostra vita. La preghiera non esprime solo un bisogno. Non è l’urlo nel vuoto di chi è disperato. Potrà anche essere un urlo, un grido, ma è sempre un urlo e un grido verso Qualcuno. E questo Qualcuno non è “il motore immobile” dell’universo come diceva Aristotele. Il nostro Dio non è un “Dio fermo”, impassibile che in maniera bronzea incassa le nostre grida e le nostre preghiere rimanendo indifferente. Se pensassimo anche solo questo di Dio dovremmo per lo meno fare il ragionamento che cerca di fare Gesù nel vangelo di oggi: “vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono”. Ciò significa che anche l’idea sbagliata che a Dio non importa niente di noi non deve farci desistere dal pregare, perché anche solo per toglierci di torno, alla fine ci ascolterebbe. Ma la verità è un’altra. Dio non è impassibile perché ama. È un Dio di parte, non fermo. Per questo quando preghiamo dobbiamo farlo con questa fiducia: “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. Così la preghiera stessa diventa un valoroso atto di disobbedienza a quella depressione, disistima e insicurezza che ci portiamo dentro e che ci ripete continuamente “non importa a nessuno di te, non c’è nessuno che ti aspetta, non meriti niente”. Pregare è disobbedire a questa voce che sappiamo essere la voce dell’Accusatore che usando del male che abbiamo vissuto cerca di fermare il nostro cammino convincendoci che siamo soli e senza speranza. In questo modo possiamo forse capire che la preghiera non è semplicemente ottenere qualcosa ma è innanzitutto cercare di affermare qualcosa che è più grande delle nostre stesse richieste. La preghiera è la vittoria di saperci amati contro la stortura interiore che ci dice esattamente il contrario.
Lc 11, 5-13
L. M. Epicoco