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Il mutismo di cui Zaccaria era stato vittima a causa della sua incredulità viene guarito dalla nascita di suo figlio. Il trauma dell’annuncio gli toglie la parola; il trauma della nascita del figlio gliela ridona. Tante volte nella vita siamo nella stessa posizione di Zaccaria. Molte cose che ci capitano ci tolgono le parole, i ragionamenti, le risposte. Siamo come paralizzati, incapaci di reagire. Possiamo solo attendere, aspettare che cambi qualcosa. E prima o poi il Signore dispone le cose affinché ci conducano a ritrovare ciò che avevamo smarrito. Ritrovare la parola significa ritrovare un significato, una relazione significativa con noi stessi, con gli altri, con Dio. Ritrovare la parola significa ritrovare appunto quella comunicazione che ci fa tornare ad essere anche in comunione. Zaccaria, come Maria, non si limita a cantare la propria gioia, ma intuisce che anche la sua piccola storia rientra in un progetto più alto, più grande. Quel figlio che è venuto al mondo non è un uomo qualunque. Nessun figlio è un uomo qualunque, nessuna figlia è una donna qualunque. Essi sono sempre qualcosa di unico, di irripetibile: “e tu bambino sarai chiamato profeta dall’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati”. Per tutta la vita Giovanni Battista eserciterà questa sua unicità. Lo percepiranno tutti un po’ “strano”, ma egli era solo se stesso. E quanta gente lo cercherà, perché è sempre attraente qualcuno che è fondamentalmente se stesso, senza altre ipocrisie.
L. M. Epicoco