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Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 8,5-11
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».
Parola del Signore.
Commento di don Luigi Maria Epicoco:
La storia del centurione raccontata nel Vangelo di oggi, contiene due dettagli che molto spesso sfuggono alla nostra attenzione. L’uomo in questione non è un credente, né un israelita, eppure mostra due caratteristiche che dovrebbero essere tipiche di un credente. La prima è la sua compassione: “Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente»”. Si noti bene che non sta scongiurando Gesù per se stesso o per un suo familiare, ma per un suo servo. Quest’uomo non rimane indifferente davanti alla sofferenza del suo servo, e questo dovrebbe colpirci molto perché all’epoca i servi erano considerati alla stessa stregua di oggetti e non certamente di persone. Invece questo centurione mostra un’umanità che sa andare oltre i condizionamenti sociali e culturali, e manifesta una delle caratteristiche che Gesù ama di più: la capacità di usare il cuore, essere cioè compassionevoli. La seconda caratteristica è la fede, intesa non come la ricerca di segni straordinari ma come la totale fiducia in Gesù fino al punto dal dispensarlo di andare a casa sua, o da dargli prova della Sua potenza. Il centurione crede fino al punto di non volere segni. Gesù loda una fede così e ci dà un criterio di giudizio rispetto a quelle esperienze che noi normalmente chiamiamo di fede, ma che altro non sono se non il gusto di collezionare segni straordinari, e manifestazioni del sacro che più che manifestare Dio diventano invece il palcoscenico di qualcuno. La fede è sempre sobria, semplice, discreta e proprio per questo grande e affidabile. Ciò non toglie che Dio possa agire anche con segni eclatanti, ma non è la Sua via ordinaria. Compassione e fede rendono il centurione più affidabile agli occhi Gesù. Su queste due cose dovremmo verificare la nostra vita.