Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 2,13-17
In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.
Commento di don Luigi Maria Epicoco:
«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». La storia di Matteo ci serve per non perdere mai di vista il metro di misura che Gesù usa. Egli ci sceglie perché ama di noi non ciò che amano tutti, e forse ciò che nemmeno noi amiamo di noi stessi. Egli ama di noi il nostro scarto, la nostra debolezza, la nostra fatica. Non è un modo per giustificarla ma per riempirla di significato. Lì dove noi sperimentiamo di non essere degni di amore, lì Lui invece ci ama. La parte bella di noi è facile da amare. Ci dà gloria, dà soddisfazione anche alla gente che abbiamo intorno, ma la parte buia di noi, quella malata, fa scappare tutti. Ma mentre tutti scappano, Lui invece resta e va a cercare proprio questa parte. È a partire dalla nostra miseria che il Signore costruisce con noi una relazione di intimità. Perché va a scovare la parte più intima, quella più nascosta, quella che ci fa più male, e la libera dalla vergogna e dalla colpa, donandole la possibilità di guarire. Infatti solo l’amore fa guarire, mentre il giudizio rende solo più profonda la nostra miseria. Credo che questo giustifichi la velocità con cui Matteo risponde alla chiamata di Gesù: “Nel passare, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Egli, alzatosi, lo seguì”. È Gesù che vede Matteo, e non Matteo che vede Gesù per primo. È sempre Lui che fa il primo passo, e questo ci mette nella condizione di dire che se noi desideriamo un cambiamento, Lui lo ha desiderato prima di noi e certamente sta già facendo qualcosa. Serve però che mettiamo in moto anche la nostra libertà, prendendo delle decisioni conseguenti.