Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 12,46-50
In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».
Parola del Signore.
Commenti di don L. M. Epicoco:
Chi va in pellegrinaggio a Gerusalemme ha molto spesso l’opportunità di sostare in un suggestivo santuario che sorge sul costone del monte degli ulivi, a pochi metri da quel giardino dove si è consumata l’agonia di Gesù. Questo santuario prende il nome di Dominus flevit e altro non è che il posto tradizionale dove si pensa che sia accaduto l’episodio raccontato nel vangelo di oggi: “Quando fu vicino, vedendo la città, pianse su di essa, dicendo: Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi”. Tutte le volte che mi capita di guardare Gerusalemme da quel luogo mi si riempiono gli occhi di lacrime innanzitutto per la struggente bellezza che si vede da quel posto, ma anche per tutta la fragilità che c’è al fondo di quella bellezza. Gesù soffre come soffre una qualunque persona che ama e che non si rassegna davanti all’infelicità delle persone che ama, alla loro ostinazione, alle loro scelte sbagliate. Gesù sa bene che anche nella nostra vita ci sono punti di non ritorno. Che ci sono cose che lasceranno il segno, che ci porteranno alla distruzione, che non lasceranno di noi “pietra su pietra”. Ho visto i corpi, le mani, gli occhi, le parole e ragionamenti di tanti fratelli reduci da droga, alcol, vite disordinate, o situazioni di male scelte per anni. Ci sono cose che non si possono più cancellare e che più passa il tempo e più ci imprigionano, non ci lasciano via di uscita, ci oscurano la consapevolezza. Anche a me è capitato di implorare persone che amo di smettere di vivere in certe maniere, di assecondare tristezza e angoscia, di lasciarsi vivere, di non prendere decisioni, di mantenere il punto con l’orgoglio e la superbia. Ma l’amore implica la libertà. Dio ci ha amato e ci ama di amore libero. Non si può salvare Gerusalemme per forza, così come non si può salvare per forza chi si ama. Possiamo solo provocare la libertà altrui ma mai sostituirci ad essa. Fortunatamente Dio non smette mai di provarci, la sua misericordia è creativa.