Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,45-48

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

Parola del Signore.

Commenti di don L. M. Epicoco:

“Poi, entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori, dicendo loro: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!»”. Pregare e rubare dovrebbero essere due verbi da tenere costantemente a distanza. Non si può tenere insieme la logica dell’amore con la logica del possesso. E non si può vendere e comprare mai sulla pelle di chi cerca di sentirsi amato e di sentire un significato alla propria vita. I mercanti che Gesù scaccia dal tempio non riguardano il passato, e non riguardano persone diverse da noi. Gesù parla di noi, parla di quei mercanti che tutti ci portiamo dentro e rovinano la relazione con Dio applicando logiche matematiche di merito, di debito, di dare e avere. È dentro di noi che dobbiamo liberare il tempio da venditori e mercanti. Dobbiamo ritrovare nel nostro cuore “una casa di preghiera”. Un luogo, cioè, dove incontrare Dio, e non dove comprarne la Sua benevolenza. Se così non facciamo allora capita di avere una vita religiosa tutta incentrata sulla paura, sul senso di colpa, sulla convinzione che dobbiamo tenerci Dio buono e che se andiamo a messa la domenica ci andiamo per non finire all’inferno. Dio non userebbe mai l’inferno per convincerci a incontrarlo nell’Eucarestia domenicale. Ed è un insulto andarci per questo motivo. Se ci andiamo è perché Lo amiamo, e perché vogliamo lasciarci amare da Lui, e che una vita senza il Suo Amore è davvero un inferno. Noi, ad esempio, senza la messa domenicale non possiamo vivere, ma paradossalmente siamo liberi anche di non andarci. La conseguenza della nostra diserzione non è una punizione, ma solo ciò che accade a una persona che scala una montagna senza ne’ mangiare ne’ bere. Se sviene non è per punizione divina, ma per logica conseguenza di una sua scelta. Le nostre vite o recuperano un sano rapporto con Dio oppure sono vite rubate, vite da ladri, vite che hanno conseguenze nefaste. Ma si sa che delle volte è più facile vivere male che fare la fatica di vivere bene.