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Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12,49-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Parola del Signore.
Commento di don Luigi Maria Epicoco:
“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!”. In questo versetto è riassunta tutta la missione di Gesù. Egli è Colui che è venuto a portarci il fuoco. È il fuoco della passione di vivere, di amare, di impegnarsi, di dare la vita, di lottare, di provare, di sperare, di desiderare. La missione di Gesù è dare ad ogni essere umano un motivo per cui la vita valga la pena. L’oblio di Dio coincide molto spesso con l’oblio di un motivo valido per cui vivere. E quando questo fuoco è spento allora tutto ciò che è buio e morte diventa possibile. Viviamo in un tempo in cui facciamo fatica a trovare il fuoco. La riscoperta della fede, della vita spirituale non dovrebbe essere un anestetico o una deriva alla ricerca di un futile benessere, ma l’essenziale lotta a ritrovare il motore del mondo, il motivo di ogni vita, la passione di ogni esperienza. Tutte le persone che hanno incontrato Gesù si sono ritrovate più vive, centuplicate, allargate nei loro desideri e nelle loro possibilità. Si sono ritrovate rialzate dalle loro cadute, dalla loro rassegnazione e hanno trovato di nuovo il fuoco di riprovare, di tentare, di osare. Gesù ha immesso nella storia un principio di resurrezione che è già all’opera nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. L’evangelizzazione è aiutare le persone a ritrovare questa scintilla che gli brucia dentro e a saperci investire sopra. Allora si che non avremo più problemi di numeri, perché chi può essere così stolto da non volere un fuoco che lo salvi dalla morte? Eppure dobbiamo interrogarci: il nostro modo di annunciare il Vangelo riaccende il fuoco della vita o si limita solo a qualche regola morale e a qualche perfomance liturgica? Chi ci ascolta vede e sente questo fuoco?