Ascolta il Vangelo
Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,16-19
In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Parola del Signore.
Commento di don Luigi Maria Epicoco:
“Ma a chi paragonerò questa generazione? È simile ai bambini seduti nelle piazze che gridano ai loro compagni”. Il paragone con cui si apre il vangelo di oggi è immensamente suggestivo. Gesù usa l’immagine dei bambini che vincendo ogni ritrosia non sanno più che inventarsi per far alzare i loro amici a fare qualcosa insieme. Infatti tutti sappiamo quanto sia incontenibile la voglia dei bambini di giocare, e pur di farlo sono disposti anche a rinunciare ai giochi preferiti pur di fare qualcosa, pur di giocare. Ma delle volte sperimentano la grande frustrazione di trovarsi vicino ad amici che non si riescono a coinvolgere in nulla. Né con la gioia, né con il dolore. Gesù dice che potenzialmente siamo noi questi compagni che non si lasciano agganciare in nulla: né nelle cose belle, né in quelle brutte. E in questa apatia, e indifferenza è difficile far nascere l’attesa di qualcosa di grande. In fin dei conti il Messia è l’Atteso delle genti. Ma che senso può avere un Atteso se non è atteso da nessuno? E come è possibile vivere senza attese? È possibile quando siamo completamente ripiegati su noi stessi, e pur di non cambiare questa posizione di ripiego parliamo male di tutto e del contrario di tutto: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. 19 È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. Sarebbe interessante a questo avere il coraggio di analizzare le nostre lamentele e il nostro parlar male. E se esso non fosse nient’altro che la testimonianza che pur di non metterci in gioco noi ci diciamo che non va bene tutto quello che abbiamo davanti? Non è forse vero che chi si lamenta sempre o chi giudica sempre ha innanzitutto un problema irrisolto dentro di sé che lo spinge a dire e fare cosi? Prepararsi alla venuta di Cristo significa lasciare le lamentele e riscoprire le nostre attese. È smettere di parlare male e mettersi a cercare un Bene nonostante tutto.