Le cose di valore hanno bisogno di un tempo e di uno spazio adeguato. Pensiamo al colloquio con una persona cara o alla lettura di un buon libro. Il rischio però è che per l’impossibilità di trovare un ambiente consono e la tranquillità necessaria si finisca per rinunciare ad appuntamenti e occasioni importanti. Vale anche per la realtà dello spirito. Quanti di noi sanno restare concentrati a lungo durante una pausa di silenzio o nel corso di una liturgia? I pensieri rischiano di portarci lontano. A questo proposito mistici e maestri spirituali propongono una “ricetta” quanto mai efficace: trasformare gli argomenti di distrazione in preghiera. Se la mente si ferma su una vicenda, su una persona vuole dire che quella vicenda e quella persona sono importanti per noi. Quindi la nostra preghiera dovrà partire da lì. Lo suggerisce in questa breve riflessione il teologo e filosofo russo Pavel Nikolaevic Evdokimov (1901-1970), che, tra le altre cose, partecipò come osservatore ortodosso all’ultima sessione del Concilio Vaticano II.
«Abbiamo un tempo sufficiente per pregare? Molto più di quanto pensiamo. Quanti momenti di ozio e di distrazione possono diventare istanti di preghiera! Si può offrire anche la nostra preoccupazione. Se essa apre un dialogo con Dio; si può offrire anche la stanchezza che impedisce di pregare, e perfino l’impossibilità di pregare: “La memoria di Dio, un sospiro, senza neppure aver formulato una sola parola, è preghiera”, dice san Barsanufio. Lo starec Ambrogio consiglia: “Leggete ogni giorno un capitolo dei Vangeli, e quando l’angoscia vi assale, leggete ancora, finché passi; se essa ritorna, leggete di nuovo il Vangelo”. È il passaggio “dalla parola scritta alla parola sostanziale” (Nicodemo l’Agiorita); passaggio decisivo per la vita spirituale. Si consuma eucaristicamente la parola misteriosamente spezzata, dicono i Padri».