27 GENNAIO 2013
III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Dal libro di Neemìa 8,2-4,5-6,8-10
Salmo 18
Dalla prima lettera di S. Paolo ai Corìnzi 12,12-30
Dal Vangelo secondo Luca 1,1-4;4,14-21
Gli Israeliti sono stati educati da sempre “all’ascolto del Libro della Legge” e il brano di Neemia ne è l’emblema. La scena che viene raccontata è bellissima, commovente, piena di religiosità.
È un fatto storico che si può collocare intorno all’anno 440 a.C. Dopo l’esilio a Babilonia, il popolo torna a Gerusalemme e cerca di riorganizzare la propria vita. Ricostruisce le mura della città e soprattutto il tempio. Vengono ritrovati i rotoli della Legge, probabilmente il Deuteronomio, e Neemia descrive appunto la solenne cerimonia nella quale se ne dà solenne lettura e spiegazione.
Il popolo di Israele è presente in massa: un’assemblea composta da uomini, donne e da “quanti erano capaci di intendere … tendeva l’orecchio”.
Questa folla ci sorprende con l’ascolto attento, che viene fatto in piedi “dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno” e la reale devozione verso il “libro”, voce del Signore.
C’è una dettagliata descrizione delle modalità attuate: “I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura”. Perché questa passione per il “Libro”?
Il popolo ebreo ha assaggiato l’amarezza dell’esilio, la privazione dell’identità e di ogni tipo di dignità: ora sente la necessità di riappropriarsi della propria storia che è, appunto, tra le righe del “Libro”: in esso vi sono le radici, le fatiche e le gioie di essere popolo e la testimonianza dell’opera di Dio in loro favore. Di padre in figlio sono stati raccontati i prodigi che Dio ha compiuto per questo popolo ed ora è tempo di fare memoria per poter innalzare insieme la lode e il ringraziamento a Dio. Senza la memoria un popolo è destinato a finire.
La folla che ascolta è partecipe al punto che, dice lo scrittore sacro, “tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge”.
Perché la commozione fino al pianto? La Parola è verità e fedeltà e il popolo specchiandosi in essa vede le falsità e le infedeltà che ha vissuto, scopre il proprio peccato e piange. Ripensiamo alle nostre assemblee domenicali nelle quali viene letta, proclamata, la Parola e confrontiamoci sulla qualità del nostro ascolto.
Il vento del Concilio con i suoi documenti ha portato una ventata di aria nuova nella Chiesa, però c’è ancora molto da fare: è tempo di educare all’ascolto personale e comunitario della Parola che converte per poi diventare testimoni credibili.
Anche il Vangelo ci parla di ascolto della Parola. Racconta di Gesù che: “Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”.
È una cronaca dettagliata, un “resoconto ordinato” frutto di ricerche attente condotte da Luca tra i testimoni oculari dei fatti che riguardavano Gesù. Chi può permettersi di essere testimone attendibile se non colui che ha visto con i propri occhi o chi, come Luca, fa “ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi” per scriverne un resoconto preciso in modo che non solo Teofilo ma tutti noi possiamo renderci conto della solidità degli insegnamenti che abbiamo ricevuto.
Questo racconto mette in evidenza alcune modalità di Gesù: l’essere solito andare il sabato in sinagoga, leggere la Parola e meditarla. Quella lettura, molto nota ai presenti, non è seguita come al solito da un commento. Gesù, infatti, riavvolge il rotolo e si siede: sull’assemblea cade un silenzio di attesa. Ottenuta l’attenzione parla: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Avevano ascoltato tante volte il brano del profeta Isaia che riaccendeva e nutriva la loro speranza: sapevano che sarebbe arrivato un inviato da Dio che avrebbe compiuto tutte quelle opere, ma era solo una speranza che talvolta si affievoliva. Sentirsi annunciare che quella profezia ora è realtà dovrà aver suscitato molteplici reazioni tra i presenti.
Cosa provoca in noi questa affermazione? Rimaniamo con gli occhi fissi su Gesù? Come ci poniamo davanti a Lui che riavvolge la pergamena del Rotolo e proclama che Lui è la Parola fatta carne? Qual è la nostra immagine del Signore?
Ciò che è scritto in Isaia è il “manifesto” il programma, la missione di Gesù. Facciamo parte delle categorie che vengono elencate: i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi?
L’elenco è indicativo: ci dice che è venuto per coloro che non hanno voce, diritti, potere, ricchezze. E’ venuto per coloro che non hanno la libertà di essere persone. È venuto a dirci che questa è la condizione di ogni uomo che non sa di essere amato da Dio. Il suo fine è annunciarci che il Padre ci ama: lui ben lo sa perché è il “Figlio amato”.
La fedeltà all’ascolto favorisce la conoscenza che deve diventare esperienza dell’amore, incontro personale con il Signore. Solo così si potrà vivere una vita di testimonianza.
Ascoltando la Parola con fedeltà avremo lo stesso effetto di quando ci coglie la pioggia: sentiamo di essere bagnati, ma non distinguiamo da quali gocce. È necessario immergerci letteralmente nella Parola di Dio per rimanerne impregnati. Certamente oltre alla meditazione personale ci deve essere l’ascolto comunitario e lo studio: tutto per diventare ogni giorno di più cristiani, come tanti Teofilo, amanti di Dio.
Signore, ogni volta che ascoltiamo le tue parole è il tuo oggi. Comprendiamo ora cosa vuole dire l’apostolo Giovanni nel suo prologo: “Il verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Perdonaci se abbiamo relegato il tuo Vangelo tra i libri polverosi dei nostri scaffali. La tua parola viva ed efficace, sorgente zampillante, acqua che disseta, pioggia che feconda, vieni trascurata proprio da noi che ci dichiariamo cristiani. Donaci, ti preghiamo, ogni giorno fame e sete della tua Parola. Amen.
CB 27.01.2013 MTM