Non “mezzi preti” o preti di second’ordine, ma “bravi sposi e bravi padri” e soprattutto servitori “premurosi” e “umili”, perché “è triste vedere un diacono che vuole mettersi al centro del mondo”. È il ritratto che Papa Francesco delinea dei diaconi, ricordando il Concilio che ha rivalutato queste figure quali ministri “dediti al servizio” del popolo di Dio. Ed è proprio il servizio il mandato che il Papa affida ai diaconi permanenti della Diocesi di Roma, ricevuti in udienza stamattina nell’Aula delle Benedizioni. Un’udienza dal tono familiare, aperta con i saluti alle famiglie presenti: Francesco stringe le mani dei partecipanti assiepati dietro le transenne, scherza con i bambini, benedice i neonati, e accarezza la moglie di un diacono in sedia a rotelle.
La tradizione delle diaconie
A inizio udienza, dopo i saluti del cardinale vicario Angelo De Donatis, il Papa saluta Giustino Trincia, diacono nominato ieri come nuovo direttore della Caritas diocesana al posto di “don Ben”, il sacerdote romeno Benoni Ambarus, che Francesco a marzo aveva scelto a sua volta vescovo ausiliare di Roma. “Penso che con te crescerà perché sei il doppio di statura di don Ben!”, scherza il Papa. Con affetto, saluta anche Andrea Sartori, 49 anni, anch’egli diacono al quale tre anni fa è stata affidata la parrocchia di San Stanislao, nella zona periferica di Cinecittà, nella cui canonica vive con la moglie Laura e i quattro figli. Un’“antica consuetudine”, dice il Papa, quella di “affidare una chiesa a un diacono perché diventi una Diaconia”. A queste antiche tradizioni risalenti alle radici della Chiesa di Roma bisogna attingere, raccomanda: “Non penso soltanto a San Lorenzo, ma anche alla scelta di dare vita alle diaconie”.
Il diaconato aiuta a superare la piaga del clericalismo
Papa Francesco si sofferma poi sul ministero del diacono: “La via maestra da percorrere è quella indicata dal Concilio Vaticano II”, in particolare la Lumen gentium che spiega che ai diaconi “vengono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio”. Una differenza “non di poco conto”, rileva il Papa, perché il diaconato – precedentemente ridotto a un ordine di passaggio verso il sacerdozio – “riacquista così il suo posto e la sua specificità”. E questo “aiuta a superare la piaga del clericalismo, che pone una casta di sacerdoti ‘sopra’ il Popolo di Dio”.
Il potere sta nel servizio
Nella Chiesa deve vigere una logica opposta, “la logica dell’abbassamento”, afferma Francesco: “Tutti siamo chiamati ad abbassarci, perché Gesù si è abbassato, si è fatto servo di tutti. Se c’è uno grande nella Chiesa è Lui, che si è fatto il più piccolo e il servo di tutti”. Tutto comincia da qui: “Il potere sta nel servizio, non in altro”. “Nessuno vada oltre il potere del servizio”. Se non si vive questa dimensione, ammonisce il Pontefice, “ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto. E poco a poco si mondanizza”.
“La generosità di un diacono che si spende senza cercare le prime file profuma di Vangelo, racconta la grandezza dell’umiltà di Dio che fa il primo passo per andare incontro anche a chi gli ha voltato le spalle”
No mezzi preti o chierichetti di lusso
Oggi, però, c’è un altro aspetto a cui fare attenzione che è la diminuzione del numero dei preti, a causa del quale si è moltiplicato l’impegno dei diaconi “in compiti di supplenza che, per quanto importanti, non costituiscono lo specifico del diaconato”. I diaconi, infatti, insegna il Concilio, sono soprattutto “dediti agli uffici della carità e dell’amministrazione” e nei primi secoli, quando si occupavano a nome del vescovo delle necessità dei fedeli, erano attivi tra poveri e ammalati. Oggi sono ben presenti nella Caritas e in altre realtà vicine ai poveri. È una buona strada, dice il Vescovo di Roma, perché “così facendo non perderete mai la bussola”.
Non far ruotare la vita attorno all’agenda
La spiritualità diaconale è dunque la spiritualità del servizio: “Disponibilità dentro e apertura fuori”. “Disponibili dentro, di cuore, pronti al sì, docili, senza far ruotare la vita attorno alla propria agenda; e aperti fuori, con lo sguardo rivolto a tutti, soprattutto a chi è rimasto fuori, a chi si sente escluso”, afferma il Papa. E a braccio racconta di aver letto un passo di don Orione che, rivolgendosi ai religiosi della sua congregazione, parlava della “Chiesa dei bisognosi”: “Nelle case deve essere accolto chiunque ha un bisogno, qualsiasi necessità, anche che ha un dolore. E questo mi piace: ricevere non solo i bisognosi ma quello che ha un dolore. Aiutare questa gente è importante, confido in voi”.
Infine il Pontefice offre “tre brevi idee” che non vanno nella direzione delle “cose da fare”, ma delle “dimensioni da coltivare”.
Fare tutto senza lamentarsi
Anzitutto essere “umili”. “È triste vedere un vescovo e un prete che si pavoneggiano, ma lo è ancora di più vedere un diacono che vuole mettersi al centro del mondo! Tutto il bene che fate sia un segreto tra voi e Dio. E così porterà frutto”, sottolinea il Papa. Poi chiede di essere “bravi sposi e bravi padri, e anche bravi nonni”.
“Questo darà speranza e consolazione alle coppie che stanno vivendo momenti di fatica e che troveranno nella vostra semplicità genuina una mano tesa. Potranno pensare: ‘Guarda un po’ il nostro diacono! È contento di stare con i poveri, ma anche con il parroco e persino con i figli e con la moglie. E anche con la suocera… è molto importante!’. Fare tutto con gioia, senza lamentarsi: è una testimonianza che vale più di tante prediche”.
Infine, il Papa vuole che i diaconi siano sentinelle: “Non solo che sappiate avvistare i lontani e i poveri – questo non è tanto difficile – ma che aiutiate la comunità cristiana ad avvistare Gesù nei poveri e nei lontani, mentre bussa alle nostre porte attraverso di loro. È una dimensione profetica – conclude – che aiuta gli altri a vedere oltre”.
da Vatican news